L’UNESCO protegge alcune delle più affascinanti tradizioni culinarie del mondo, trasformandole in Patrimonio dell’Umanità, c’è anche un piatto italiano.
Le tradizioni, siano esse artistiche, culturali o gastronomiche, rappresentano un elemento essenziale dell’identità dei popoli e del loro passato. Da secoli, comunità di ogni angolo del pianeta tramandano conoscenze e pratiche che riflettono storie antiche e valori condivisi. Questa ricca eredità non è solo un insieme di tecniche e saperi, ma un modo di vivere che valorizza il senso di comunità e il rispetto per la propria terra.
La rapida evoluzione della società e l’omologazione dei costumi rischiano però di far perdere queste usanze autentiche, minacciando il legame con le radici di ciascun popolo. È qui che entra in gioco il lavoro dell’UNESCO, l’organizzazione mondiale che da anni lavora per preservare le tradizioni culturali attraverso il programma del Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Ma come decide l’UNESCO quali elementi meritano di essere protetti? E quale è il piatto tutto italiano che ha deciso di preservare?
La pizza, patrimonio immateriale dell’umanità
Per ottenere il riconoscimento UNESCO, un piatto deve essere emblematico della cultura di uno Stato e sostenuto da misure concrete di salvaguardia. La pizza napoletana, ad esempio, è stata sostenuta dall’Italia e dai suoi pizzaioli. Il processo di candidatura richiede l’appoggio del popolo locale e una valutazione da parte di esperti indipendenti. Oltre la pizza, altri piatti mondiali hanno ricevuto il medesimo riconoscimento.
Il cous cous, classificato nel 2020 grazie alla proposta congiunta di Algeria, Marocco, Mauritania e Tunisia, rappresenta un simbolo di convivialità e tradizione familiare. Questo piatto a base di verdure, semola e carne simboleggia la vita quotidiana e le celebrazioni nei paesi del Maghreb.
Nel 2021 il thiéboudiène è stato riconosciuto patrimonio immateriale dall’UNESCO. Tipico della gastronomia senegalese, questo piatto combina riso, pesce e verdure in una ricetta che varia regionalmente ma mantiene inalterata la sua essenza.
La pizza napoletana ha conquistato il titolo UNESCO nel 2017. Non solo per la sua indiscussa bontà ma anche per l’arte dei pizzaioli napoletani nell’impastare la pizza creando una vera danza nell’aria.
Classificato nel 2015, il kimchi coreano è apprezzato non solo per il suo gusto piccante ma anche per i benefici sulla salute derivanti dalla fermentazione del cavolo in salamoia.
Nel 2016 la birra belga è stata riconosciuta patrimonio mondiale dell’UNESCO. Con oltre 1500 varietà diverse, questa bevanda festosa rappresenta un elemento fondamentale della cultura belga.
Dal 2017 il dolma azerbaigiano fa parte dei patrimoni immateriali dell’umanità grazie alla sua ricetta tradizionale che prevede foglie di vite ripiene di riso, carne e verdure marinate nell’olio.
Il caffè arabico è stato inserito nella lista UNESCO nel 2015 come simbolo ancestrale di ospitalità nei paesi arabi. La preparazione avviene davanti agli ospiti seguendo antiche tradizioni.
Riconosciuti nel 2010 come patrimonio mondiale dell’UNESCO i panpepati croati sono più che semplici dolci; sono simboli culturali che partecipano attivamente alle feste locali promuovendo identità e continuità culturale.
Il lavash è stato classificato dall’UNESCO nel 2014 come espressione culinaria condivisa tra diverse culture del Medio Oriente fino al bacino del Mar Caspio. Questa morbida focaccia cotta in forni tradizionali rappresenta un elemento quotidiano nella dieta locale.
La nsima ha guadagnato il suo posto tra i patrimoni immateriali dell’umanità UNESCO nel 2017. Questa purea bianca a base di farina di mais è fondamentale nelle cucine dello Zambia, Malawi e Kenya dimostrando l’universalità della semplicità alimentare nelle culture globali.